La tiroidite di Hashimoto è uno dei disturbi della tiroide che vengono trascurati in misura consistente e che, proprio per questo motivo, sono diagnosticati in maniera tardiva. Si tratta di una malattia autoimmune che colpisce la ghiandola e che, secondo i dati forniti dall'Iss (l'Istituto Superiore di Sanità), interessa più o meno tre milioni di italiani. Dati epidemiologici molto dettagliati non sono, purtroppo, per il momento disponibili, ma se si pensa che le patologie a carico della tiroide riguardano in totale sei milioni di persone nel nostro Paese è facile calcolare che la metà di loro deve fare i conti con la tiroidite di Hashimoto.
A essere colpite di più sono le donne: si stima che la tiroidite di Hashimoto coinvolga circa cinque donne ogni uomo interessato. La malattia può presentarsi in qualsiasi momento della vita di una persona, ma a mano a mano che l'età aumenta l'incidenza cresce, specialmente nella fascia di età compresa tra i 55 e i 65 anni. Ma quali sono le cause del disturbo? Tutto deriva da un processo infiammatorio autoimmune, che determina la distruzione dei follicoli tiroidei. La patologia è nota anche con il nome di tiroidite linfocitica, dal momento che è caratterizzata da infiltrazione di linfociti B e linfociti T nel tessuto tiroideo. L'infiltrazione linfocitariaconsiste nella presenza di cellule infiammatorie a causa delle quali si verifica la morte apoptotica dei tireociti: la conseguenza più diretta è rappresentata da una sintesi ridotta degli ormoni tiroidei.
Al tempo stesso, nella circolazione ematica i tireociti distrutti rilasciano una quantità superiore di tireoglobulina. Nel momento in cui la sintesi degli ormoni tiroidei non è più sufficiente per l'organismo, subentra una condizione di ipotiroidismo. Come si può intuire, pertanto, la tiroidite di Hashimoto causa una sempre più consistente ipofunzione tiroidea, che se non curata risulta irreversibile.
Nei pazienti che soffrono di tale disturbo, la tiroide aumenta di dimensioni pur non causando dolori; alla comparsa del gozzo si può associare, in rari casi, un'atrofia. Il sintomo più evidente consiste nella sensazione di avere un nodo in gola, ma a parte questo dettaglio la patologia può non generare altri sintomi per molto tempo. Ecco perché, come si diceva all'inizio, il problema viene spesso diagnosticato quando ormai è troppo tardi: quando, cioè, è avvenuta una evoluzione irreversibile del quadro clinico verso l'ipotiroidismo. Non di rado questa malattia autoimmune può essere associata al morbo di Addison, al diabete mellito o ad altri disturbi autoimmuni, come per esempio la malattia celiaca, l'artrite reumatoide o il lupus sistemico.
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